Lo studio mostra che Modena non perderà popolazione nei prossimi decenni, ma diventerà una città molto più anziana. Il saldo naturale resterà negativo e saranno le migrazioni da fuori regione a mantenere stabile il numero di residenti. L’invecchiamento della struttura per età avrà implicazioni per il welfare, la domanda di servizi socio-sanitari ed educativi, mentre il cambiamento nelle strutture familiari, con più famiglie piccole e nuclei monocomponenti, genererà nuove esigenze abitative.
Andrea Barigazzi – Dicembre 2025
A dispetto di quello che potrebbe essere l’immaginario comune, e in controtendenza rispetto a molte aree del Paese che nei prossimi decenni sperimenteranno un calo demografico, le proiezioni indicano che la popolazione modenese nei prossimi 25 anni non è destinata a diminuire. Secondo le previsioni centrali ISTAT1, il Comune di Modena passerà infatti dagli attuali circa 185 mila residenti a poco meno di 188 mila nel 2050 .
Questa lieve crescita non sarà però sostenuta da un saldo naturale positivo. Al contrario, la differenza tra nati e morti resterà stabilmente negativa. Nei prossimi decenni si prevede un leggero aumento delle nascite, ma non sufficiente a compensare la crescita del numero dei decessi, che aumenteranno negli anni in modo più che proporzionale. Questa dinamica è ovviamente connessa all’invecchiamento della popolazione, con l’età media, pari a 46,7 anni nel 2025, che salirà progressivamente fino a sfiorare i 50 anni nel 2050.
Il fattore che secondo le previsioni impedirà a Modena di entrare in un regime di declino demografico sarà invece il saldo migratorio. In particolare, saranno i movimenti da e verso l’estero e quelli con altri comuni al di fuori dell’Emilia-Romagna a sostenere la popolazione residente. Al contrario, il saldo con gli altri comuni della regione risulterà negativo, ad indicare che l’attrattività modenese si gioca soprattutto su scala extra-regionale. L’apporto dei nuovi residenti compenserà la perdita di popolazione “autoctona” dovuta al saldo naturale negativo e a una mobilità regionale sfavorevole.
Se la popolazione modenese non è destinata a cambiare in termini numerici nei prossimi anni, lo stesso non si può dire per la sua struttura per età. Le piramidi demografiche mostrano come la distribuzione della popolazione per classi d’età sia già oggi molto diversa da quella di venticinque anni fa e come continuerà a trasformarsi in futuro. All’inizio degli anni Duemila la fascia più numerosa della popolazione modenese era quella dei 30–39enni. Oggi, invece, la classe più popolosa è quella dei 50–59enni, segno che le coorti più consistenti si sono spostate in avanti nel ciclo di vita. E secondo le proiezioni questa dinamica proseguirà nei prossimi decenni (Figura 1): tra dieci anni saranno i 60–69enni a rappresentare il gruppo più numeroso, mentre nel 2050 il picco della piramide si collocherà addirittura tra le 80enni per le donne, che beneficiano di una maggiore longevità rispetto agli uomini. Questi ultimi torneranno ad avere una presenza leggermente più consistente nelle fasce centrali della vita (40–50 anni), in coerenza con i diversi profili di sopravvivenza rispetto alle donne, ma mantenendo una quota elevata di over65 e over75.
Questa trasformazione è il risultato di una serie di processi intrecciati. Da un lato, il progressivo avanzamento lungo il ciclo di vita dei baby boomers (i nati tra la seconda metà degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta) e della Generazione X (i nati tra la metà degli anni Sessanta e la fine degli anni Settanta), entrambe coorti numericamente forti. Dall’altro, agisce l’eredità delle migrazioni verso la città, soprattutto quelle del primo decennio del Duemila, un periodo in cui la città ha attirato flussi di popolazione (soprattutto straniera) in età lavorativa, spesso tra i 30 e i 40 anni. Anche queste coorti, come tutte, avanzano nel tempo e andranno ad alimentare i gruppi di età più anziana nei prossimi vent’anni. Il risultato è una traslazione verso le età mature dell’intera piramide demografica.
Figura 1 -Piramidi demografiche sovrapposte – Modena 2025-2035-2050

Fonte: Elaborazione dell’autore su proiezioni Istat
Le trasformazioni nella struttura per età si riflettono anche sulle componenti del bilancio della popolazione e sugli indicatori demografici. Se da un lato i tassi di crescita complessivi e i livelli di fecondità rimarranno pressoché stabili nei prossimi anni, dall’altro gli indicatori che misurano il peso relativo delle diverse generazioni mostrano una tendenza in netto aumento.
Un primo dato è l’indice di vecchiaia, che esprime il rapporto tra popolazione anziana (65 anni e oltre) e popolazione giovanile (0–14 anni), moltiplicato per cento. In altre parole, calcola quanti anziani ci sono ogni 100 giovani. Se per gran parte dei primi anni Duemila questo valore è rimasto quasi immutato, oscillando intorno a 180, negli ultimi cinque anni ha visto un’accelerazione importante, superando quota 200. E secondo le proiezioni, il trend non si fermerà: entro il 2040 l’indice dovrebbe stabilizzarsi oltre 270. Ciò significa che, a fronte dei circa due anziani ogni giovane presenti oggi, tra quindici anni ce ne saranno quasi tre. Questa dinamica non è il risultato di un calo della popolazione 0-14, che nei prossimi decenni rimarrà sostanzialmente stabile in termini percentuali, ma è invece dovuto alla crescita della popolazione anziana, alimentata dall’ingresso nelle età mature degli attuali cinquantenni e sessantenni.
Ciò si riflette anche sull’indice di dipendenza, ossia il rapporto tra la popolazione “non attiva” (giovani sotto i 15 anni e over65) e la popolazione in età di lavoro (15–64 anni). Con questo indicatore viene misurato il carico sociale ed economico che ricade sulla popolazione attiva e le previsioni mostrano un andamento che sarà in crescita continua (dal valore di circa 60 registrato nel 2025 ai quasi 80 attesi per il 2050).
Figura 2. Indice di vecchiaia e dipendenza – Modena 2025-2050.

Fonte: elaborazione dell’autore su proiezioni Istat
Le trasformazioni demografiche hanno ripercussioni su diversi aspetti sociali, dal welfare al mercato del lavoro, dalla domanda di servizi socio-sanitari ed educativi alle dinamiche abitative e del mercato immobiliare. Se ci concentriamo sulla popolazione scolastica, a Modena negli ultimi dieci anni si è osservata una diminuzione costante del numero di bambini nelle fasce prescolari (0–2 e 3–5 anni). Più recente è invece la flessione registrata nelle scuole primarie, che ripercorre l’arrivo di coorti meno numerose in queste classi scolastiche.
Il discorso cambia per quanto riguarda le scuole secondarie di primo e di secondo grado, con il numero di ragazzi compresi tra gli 11 e i 18 anni che è cresciuto in modo costante negli ultimi vent’anni.
Guardando alle previsioni lo scenario sembra però destinato a cambiare (Figura 3). Nei prossimi quindici anni ci si aspetta una lieve ripresa della popolazione in età prescolare: tra 0 e 5 anni l’aumento atteso è di circa 300 unità entro il 2040 (passando da circa 4200 a 4500 bambini per le singole fasce 0–2 e 3–5 anni). Per la scuola primaria, il calo attuale continuerà per alcuni anni, ma le stime mostrano un successivo riassestamento che, intorno al 2040, dovrebbe riportare il numero di alunni su valori molto simili a quelli osservati oggi.
Le variazioni più consistenti riguarderanno invece le scuole secondarie. Per la secondaria di primo grado è attesa una riduzione già nell’immediato futuro: la fascia 11-13 ha raggiunto oggi un picco e nei prossimi anni diminuirà progressivamente, con una perdita tra i 500 e i 600 studenti nei prossimi 6–7 anni, seguita da una fase di stabilizzazione e poi da una leggera risalita. Per le scuole secondarie di secondo grado, gli attuali numeri rimarranno invece stabili per i prossimi cinque anni, ma tra il 2030 e il 2040 si osserverà una diminuzione di circa 1.000 studenti.
Figura 3. Previsioni popolazione scolastica (0–18 anni) – Modena 2025-2040

Fonte: elaborazione dell’autore su proiezioni Regione Emilia-Romagna su dati Istat e Regione Emilia-Romagna
I cambiamenti nella struttura demografica modificano anche la composizione dei nuclei familiari che abitano le città. Negli ultimi venticinque anni, nel Comune di Modena si è osservata una forte crescita delle famiglie monocomponenti, passate da circa il 30% a oltre il 40% del totale. Questo è in linea sia con i processi di individualizzazione dei percorsi di vita sia con l’aumento della longevità, che porta più persone a vivere da sole nelle fasi avanzate di vita.
Per quanto non siano disponibili previsioni sulle tipologie famigliari a livello comunale, i dati regionali mostrano che questa tendenza è destinata a proseguire nei prossimi decenni. In Emilia-Romagna, infatti, le famiglie unipersonali aumenteranno in modo consistente da qui al 2050. Gli uomini soli passeranno da 380.320 nel 2025 a 441.192 nel 2050 (+60.872), mentre le donne sole cresceranno da 411.666 a 498.236 (+86.570). Il ritmo di incremento femminile è maggiore, coerentemente con la più elevata aspettativa di vita delle donne.
Accanto ai nuclei monocomponenti, anche le coppie senza figli vedranno aumentare la loro numerosità (da 449.246 a 504.313), in linea con l’invecchiamento della popolazione e l’aumento delle coppie i cui figli sono già usciti di casa. Al contrario, sono stimati diminuire i nuclei composti da coppie con figli minorenni (da 366.995 nel 2025 a 324.391 nel 2050). Si registrerà invece una crescita dei nuclei monogenitoriali, sia maschili sia femminili. Le madri sole con figli minorenni passeranno da 76.600 a 98.800, mentre i padri soli con figli minori aumenteranno da 11.500 a 18.800.
Questo cambiamento nella composizione familiare, unito all’invecchiamento della popolazione, sta già producendo nuove necessità per il sistema del welfare, che si consolideranno nel futuro prossimo. Una popolazione più anziana e più sola presenta bisogni diversi rispetto a una popolazione giovane. Aumenterà infatti la domanda di assistenza domiciliare, di supporto per la non autosufficienza, di servizi di prevenzione dell’isolamento e di soluzioni abitative originali (cohousing, senior living).
Le implicazioni riguardano anche il mercato immobiliare. Un numero maggiore di famiglie piccole e anziane genera un incremento della domanda di abitazioni di piccole dimensioni in quartieri più accessibili. I nuclei monocomponenti tendono inoltre a mostrare anche una maggiore mobilità residenziale e una preferenza per l’affitto rispetto all’acquisto.
Al tempo stesso, l’invecchiamento dei proprietari di case di grandi dimensioni potrebbe produrre movimenti nel mercato, con vendite guidate dalla presenza di nuclei famigliari più piccoli ma anche dalla difficoltà di gestire immobili ampi. Questo potrebbe favorire la suddivisione degli immobili di grandi dimensioni in più unità abitative e, al contempo, incrementare l’offerta di case ampie. Ne deriverebbero pressioni al ribasso sui valori degli immobili di maggior metratura, mentre crescerebbe la domanda per alloggi di piccole e medie dimensioni situati in posizioni strategiche.
In conclusione, le previsioni demografiche ci dicono che Modena non sarà una città che si svuota, ma un comune che continuerà a richiamare nuovi residenti che compenseranno la perdita di popolazione autoctona. Ciò che cambierà non è quindi tanto la dimensione numerica della popolazione, quanto la sua composizione e la sua struttura per età: una città più anziana, con coorti numerose che proseguiranno il loro percorso di invecchiamento e che inevitabilmente ridisegneranno le strutture sociali della città.
1 Per un approfondimento di carattere metodologico si rimanda al seguente link: https://www.istat.it/wp-content/uploads/2025/07/NotaMet_previsioni_pop_comunale_2025.pdf
